Quando ti dicono “Bravo” tu chiedi sempre perché

Spesso i grandi si rivolgono ai bambini con questa espressione, ma non sempre ai bambini è chiaro il motivo per cui sono bravi e così si perde l’occasione per indicare loro i comportamenti e i modi ritenuti più adeguati, funzionali, utili, desiderati.

 

Quando un bimbo ha appena finito di mangiare con gusto il suo piatto di pasta, la mamma gli dice: bravo!

Dopo che una bimba si è divertita a fare un disegno e glielo mostra, il papà ripete: brava!

Poi quella bambina o quel bambino vanno a scuola, faticano a risolvere un problema e la maestra, passando

accanto al loro banco esclama: brava! bravo!

Nel pomeriggio, mentre gli stessi bambini stanno completando una torre fatta con le costruzioni, lo zio che

la vede prorompe in un: bravo! brava!

Uscendo dalla casa dei nonni, infine, quando la bimba e il bimbo si ricordano di salutarli, quelli si guardano

e, all’unisono, prorompono in un: “brava, cocca di nonna! bravo, cocco di nonno”.

E ancora, nell’andare a dormire, togliendosi la maglia ecco che arriva il brava! anche dalla baby sitter.

 

Noi adulti siamo un po’ ripetitivi e a volte sembra che non sappiamo dire altro. Il fatto è che in questo modo intendiamo sorreggere la crescita dei nostri figli, infondendo loro fiducia in se stessi e coltivando la loro autostima, che abbiamo imparato a considerare ingredienti fondamentali per uno sviluppo sensato e armonioso.

 

Se però ci mettessimo realmente nei panni dei nostri piccoli, dal canto loro capiremmo che creiamo molta confusione e non li aiutiamo a decifrare il mondo , perché questo commento si diffonde nell’aria spesso senza darne le ragioni, i motivi per cui i grandi ritengono che un bambino e una bambina siano bravo o brava.

 

Nessun bambino è bravo, nessuna bambina è brava, tanto per cominciare, vale a dire che se un bambino è valutato bravo perché si toglie la maglia prima di andare a dormire o una bambina brava perché ha fatto un disegno, quando non si toglie la maglia o non fa disegni quello stesso bambino e quella stessa bambina potrebbero iniziare a pensare di essere cattivi o incompetenti. Se un bambino è valutato bravo perché ha mangiato la sua pasta o una bambina valutata brava perché si è ricordata di salutare i nonni, quando non finisce la sua porzione o si dimentica di salutare i nonni può immaginare di essere ribelle o disubbidiente.

 

A ben vedere, però, le cose stanno diversamente e in modo più complesso.

Per un bambini a volte è bello togliersi la maglia e a volte è così stanco che non ce la fa.

A volte ai bambini va di fare un disegno tutto colorato e altre volte di fare sperimentali pasticci sul foglio per vedere che succede con i colori.

A volte mangiano perché senti una gran fame e a volte hanno la pancia ancora piena e non hanno proprio voglia di mandar giù anche solo un boccone.

A volte ai bambini è possibile ricordarsi che i propri genitori hanno detto che bisogna salutare i nonni quando si esce dalla loro casa e altre volte sono così presi dal regalo che hanno appena ricevuto, che se ne dimenticano, tutti presi dall’entusiasmo e non semplicemente disattenti.

 

Tutto questo ha niente a che fare con la loro bravura! E men che mai ha a che fare con la loro cattiveria, incompetenza, ribellione e disubbidienza, quando non si comportano secondo modi impliciti che noi adulti riteniamo i migliori o i necessari! Semmai ha a che fare con la loro stanchezza, con la curiosità, con la sazietà o con la memoria e il centraggio entusiastico nel qui e ora.

 

Insomma questa parola, bravo e brava, che i grandi usano così tanto spesso, finisce per creare nella testa dei bambini e delle bambine una bella disorganizzazione e li spinge a pensare che per essere bravo o brava dovrebbero fare un sacco di cose molto diverse l’una dall’altra, che nessun bambino e nessuna bambina potrebbero riuscire a fare tutte insieme, con il risultato che invece di farli sentire meglio, li potremmo far sentire persino peggio ogni volta che il bravo! non arriva.

 

Dire tante volte bravo! e brava! ai bimbi, soprattutto considerando la disparità dei comportamenti che vengono così commentati e il ricorrere dell’elogio che diviene quasi una colonna sonora di sottofondo, non aiuta a crescere se non ci sforziamo di dire qualcosa che sia più utile, più chiaro, più argomentativo, come ad esempio:

  • “Oggi mi sembra che tu avessi una gran fame” quando ha appena finito di mangiare con gusto il tuo piatto di pasta.
  • “Mi piace il tuo disegno, hai usato molti colori e la coda del cane sembra quasi che si muova!” mentre ammirate la loro creazioni.
  • “Ho notato che ti sei impegnato a risolvere il problema” mentre la maestra passa accanto ai banchi.
  • “Questa torre è altissima!” quando lo zio si accorge della costruzione articolata.
  • Intanto che si tolgono la maglia per andare a dormire: “Sono contenta che tu collabori a svestirti” o “Hai
  • visto, questa volta lo hai fatto tutto da te”.
  • “Ci fa piacere che tu ti sia ricordata di salutarci”, possono dichiarare i nonni mentre i nipotini escono da casa loro.

 

Questo sarebbe molto più utile per bambine e bambini, molto più informativo. Li aiuterebbe di più a comprendere le proprie abilità, le loro competenze e soprattutto ad avere chiaro quello che ci si aspetta da loro da parte dei grandi, così che possano avere un’idea precisa di ciò che è considerato bello, utile, adeguato, importante nel mondo in cui vivono e che per i più piccoli è ancora per lo più da scoprire. Questo li aiuterebbe a stare dentro le interazioni con gli altri nei modi che nella nostra cultura sono attesi e considerati rilevanti.

 

Noi grandi facciamo fatica ad adeguarci, siamo cresciuti e cambiare le nostre abitudini non è facile, così forse continueremo a elargire i nostri bravo! e brava! durante la giornata.

 

Però c’è una cosa che possiamo fare: dire ai nostri bimbi che, quando dicono loro bravo! e brava! essi possono sempre chiedere il perché.

 

Come diceva il Piccolo Principe “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta”, ma questa volta vale la pena, facciamoci aiutare, perché ci siamo un po’ dimenticati di quello di cui avevamo bisogno quando eravamo bambini.

 

 

di Paola Nicolini
Docente di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione
Università di Macerata
paola.nicolini@unimc.it

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