Halloween, una festa per esorcizzare la paura che può far paura

Chi non ricorda la zucca di Halloween nelle strisce di Schultz? Con Snoopy a vigilare e formulare pensieri da cane acculturato e ironico, rigorosamente dotato di occhiali da sole, o con Woodstock e le sue nuvolette a punto interrogativo sopra la testa. Per la prima volta con quel fumetto irrompeva nella nostra cultura un evento piuttosto estraneo alla nostra tradizione: un “grande cocomero” dotato di buchi, con occhi e denti.
Per quell’occasione il “grande cocomero”, a dir la verità una grossa zucca gialla, passava di notte a portare i
regali ai bambini e alle bambine. C’è voluto poco tempo a far sì che la globalizzazione, e il commercio a essa spesso strettamente legato, esportasse tutta una serie di oggetti, procedure, simbolismi, eventi, cibi e gadget fino a poco prima sconosciuti, lasciandoli dilagare in modo incontrollato a permeare il tessuto dei paesi e delle città. Così che
dai primi di ottobre, superata l’ondata delle vendite connesse all’inizio della scuola e alle strenne di fine stagione, ecco apparire i pipistrelli appesi al soffitto dei supermercati, le sagome dei fantasmi agli angoli delle strade, le maschere insanguinate dei vampiri sugli scaffali. E ancora zombi che saltano fuori dalle cantine, ragnatele di plastica che si impigliano nei capelli, zucche tagliate a forma di faccia illuminate da tremule candele nei più remoti angoli anche della campagna, dove fino a poco prima erano state semplicemente cibo per nutrire alcuni animali da allevamento.

 

 

E poi giù con borsette, quaderni, bavaglini, tovaglie e bicchieri, persino cibi preconfezionati in forme connesse ai riti della festa di Halloween. Stiamo parlando di Halloween. Halloween cade nella notte tra il 31 ottobre e l’1 di novembre ed è una festa legata alla tradizione celtica; così come avviene nella tradizione cristiana per la festa di Ognissanti il 1° di novembre e dei morti il 2 novembre, essa è associata al tema della morte.

 

In particolare però, in epoche recenti, essa ha preso una deriva verso forme di ritualità legate ai temi e ai simbolismi dell’occulto. Il significato di questa tradizione affonda quindi le radici nel tentativo dell’essere umano di affrontare le paure connesse a un mondo misterioso e ignoto, al limite tra realtà e fantasia, tra fantascienza ed esoterismo, tra vita e morte, tra sorpresa e orrore.
Vista così, questa saga e tutte le vicende a essa connesse, assume la dimensione dello sforzo dell’essere umano di far fronte a quanto c’è forse di più spaventoso nella propria esistenza, anticipando l’incontro con quanto ci si rappresenta al di là della dimensione della vita. I modi estremi e teatralizzati, al confine tra l’orribile e il grottesco, fungono da riti finalizzati a esorcizzare i timori, tanto più che sono vissuti in modo collettivo, socializzati nei luoghi di incontro e per le strade.

 

Tuttavia una riflessione sul piano educativo è necessaria, perché molti sono i bambini e le bambine che
provano uno spavento del tutto reale, tanto che a nulla valgono le rassicurazioni degli adulti per rasserenarli. Diverso infatti è il modo di rappresentarsi la realtà e la fantasia, quando si è nei primi anni di vita, rispetto a quanto è possibile fare per gli adulti (ammesso e non concesso che a volte questi stessi non restino turbati dalle cerimonie e dalle “presenze” di questo momento dell’anno).
Da un lato, quindi, poter “scherzare” sul tema della morte e sulle varie articolazioni in cui esso può snodarsi e trovare rappresentazione, assume la caratteristica di sdrammatizzarne e quasi ridicolizzarne la portata. Dall’altro lato, tuttavia, spesso i bambini e le bambine colgono il lato “oscuro” veicolato dagli oggetti, dai contenuti e dai temi che dilagano durante il periodo che termina con la festa di Halloween. Di certo non si può evitare che i piccoli vengano a contatto con questi, tanto sono diventati pervasivi, tuttavia non va mai sottovalutato il loro potere di creare timori e disagi, che possono manifestarsi col pianto, con risvegli notturni, con l’evitamento di alcuni luoghi in cui è possibile imbattersi in oggetti esposti nelle vetrine o in allestimenti lungo le strade, con il rifiuto di indossare maschere o travestimenti o di farsi truccare, con l’astensione da cibi che abbiano forme o rappresentino i temi connessi a questa particolare festività.
Così come per ogni comportamento che possa essere interpretato come una reazione di timore, di paura o
di spavento, l’atteggiamento degli adulti dovrebbe essere di accoglienza e di riconoscimento. Al contrario di quanto spesso facciamo, cercando di trovare una soluzione rapida: “dai, su, non vedi che è tutto finto?”“solo i bambini piccoli hanno paura di una cosa così”, “smettila, guarda gli altri bambini, lo vedi che loro si
divertono?”, “perché non vuoi vestirti come tutti gli altri?”, “non c’è niente di cui aver paura: toccalo e
vedrai che non ti fa niente” e così via.

 

 

L’atteggiamento utile da tenere è quello della comprensione e della vicinanza emotiva“hai avuto paura? Vieni qua che ti coccolo un po’”, “lo sai che avevo paura anche io come te, quando ero bambino/a? Poi da grande ho capito che…”, “è naturale che tu ti sia spaventato/a, queste cose sono fatte apposta per fare paura!”, “se non ti piace, puoi non metterti la maschera. Anche senza andrà bene lo stesso”, “non dobbiamo passare per forza lungo quel corridoio del supermercato, finché ci sono le cose che ti spaventano faremo un altro giro”.
In ogni caso, sia che la paura sia stata esorcizzata sia che essa, al contrario, sia stata sollecitata da Halloween e dai suoi riti, di sicuro rappresenta un buon momento per poterne parlare assieme, facendo attenzione che la paura diventi un prezioso alleato che segnala potenziali pericoli, invece che uno stato di
debolezza che sarebbe bene non provare mai. Almeno così il “grande cocomero” non sarà passato invano.

 

di Paola Nicolini
Docente di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione
Università di Macerata
paola.nicolini@unimc.it

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