Bambini che si isolano: genitori, non temete! I vostri piccoli vi stanno mostrando una grande forza interiore

Avete figli che amano giocare da soli? Lo sapete che stare da soli richiede una grande competenza emotiva?

 

So quante volte avete spinto per le spalle vostro figlio o vostra figlia verso i bambini che vanno su e giù sullo
scivolo al parco giochi, mentre lui o lei se ne sta in disparte a fare castelli di sabbia (o magari castelli in aria!), apparentemente solo con i suoi pensieri, a sentire il sole e l’aria nei capelli.

 

So cosa significa sentire il commento della educatrice o dell’insegnante che dice, con il viso un po’ preoccupato come se si trattasse di notificare una malattia, che ha notato che spesso al vostro bimbo o alla vostra bimba non piace unirsi al gruppo degli altri coetanei, che invece sembrano essere felici di stare tutti insieme. L’insegnante probabilmente teme che vostro figlio o vostra figlia sia un bambino o una bambina privo/a di abilità sociali, che ne soffra, che si senta incapace. O che, peggio ancora, dal momento che non mostra desiderio di stare con i compagni e le compagne di scuola, alla fine essi non vorranno più stare con lui o con lei, iniziando a chiamarlo sempre meno spesso a giocare con loro, durante l’intervallo.

 

Come genitori ci si sente affranti ed è difficile non preoccuparsi, benché la vostra percezione sia che vostro figlio o vostra figlia, in realtà, stia proprio bene per conto suo. E non è perché non sa come fare a entrare nel giro dei turni del salire e scendere dallo scivolo o perché rifiuti la compagnia degli altri. Il fatto è che ci
sono momenti in cui sembra proprio sentire il bisogno di stare per conto proprio, con i suoi pensieri, con le sue fantasie, con le sue immagini nella mente, così vivide che il pescecane diventa concreto e il coniglio parlante potrebbe da un momento all’altro saltare dalla sua fantasia al mondo reale, sorprendendo tutti.

 

Di tanto in tanto sembra aver bisogno di pensare a quel che le piace o gli piace di più o anche che lo preoccupa o le dà pensiero. Perché anche i bambini e le bambine hanno gusti, preoccupazioni e pensieri. Ogni tanto sembra aver bisogno di una pausa dall’impegno a interagire con gli altri, che comunque significa sforzarsi di ascoltarli invece che ascoltarsi, comprenderli invece che comprendersi, sintonizzarsi verso l’esterno invece di restare centrati su di sé, tutti processi altrettanto importanti.

 

E per ascoltare se stessi, per comprendersi, per restare centrati su di sé è necessaria una grande competenza emotiva. Lo hanno affermato due docenti di psicologia dell’Università di Parma, che a marzo sono venute a raccontarci le loro ricerche all’Università di Macerata. I loro nomi sono Ada Cigala e Paola Corsano (autrici di So-stare in solitudine, ndr). Queste due esperte nel campo dello sviluppo dei bambini e delle bambine si sono soffermate proprio su quelli e quelle che amano stare da soli, cercando di comprendere se siano persone a cui manca
qualche caratteristica importante per poter socializzare o, viceversa, siano persone così altamente competenti da avere una particolare capacità di sostare nella propria solitudine senza avvertirne il peso, ma solo gli aspetti migliori.

 

Quindi se uno dei vostri figli è quel tipo di bambino o di bambina, sappiate che stare da soli costituisce un bisogno fondamentale per l’essere umano tanto quanto stare in compagnia degli altri. Darsi un tempo per sé è importantissimo per la crescita equilibrata, richiede capacità di autoregolazione e di comprensione dei propri stati d’animo. Infatti i bambini e le bambine che amano stare da soli hanno la capacità di capire quando è il momento di distaccarsi dalle attività e dai giochi che si fanno in gruppo, per prendersi cura di sé
in uno spazio privato. Sanno anche comprendere quando sono tristi o arrabbiati, per cui in quei momenti si
appartano alla ricerca del silenzio o per evitare di sfogarsi sugli altri senza motivo. Sanno darsi una tregua
dalla relazione interpersonale se sentono che sta salendo un clima che potrebbe divenire ingestibile. Sanno come seguire un’immaginazione che prende forma nella loro interiorità. Insomma, tutt’altro che manchevoli di capacità, piuttosto sono molto competenti.

 

Ci sono dei criteri per capire se lo stare da soli è una scelta o costituisce invece un problema. Bisogna
osservare la comunicazione che queste bambine e questi bambini adottano: ad esempio appaiono sorridenti, se vengono chiamati da qualcuno degli altri pari rispondono mostrando attenzione, in alcuni momenti si uniscono ai giochi degli altri, sanno comunque interagire all’occasione, pur prediligendo momenti e spazi più privati. Segnali invece di difficoltà potrebbero essere, al contrario, lo sguardo orientato agli altri bambini e bambine che giocano, la postura del corpo rivolta verso di loro come se dicesse “Vorrei, ma non so come fare”, il diniego costante di prendere parte ad attività insieme ad altri bimbi o bimbe del proprio gruppo, il rifiuto esplicito e ripetuto da parte di altri pari di avere interazioni condivise. A parte queste situazioni estreme, lo stare da soli è non solo una esigenza, ma persino il segnale di una elevata competenza emotiva.

 

Sono sicura che qualcuno o qualcuna di voi riconoscerà in questa descrizione un propria esperienza con i
figli. Allora, se finora avete avuto preoccupazione e non vi siete sentiti capiti, avete ragione. È importante
diffondere una cultura che permetta di essere riconosciuti nelle nostre caratteristiche e dimensioni.

 

di Paola Nicolini
Docente di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione
Università di Macerata
paola.nicolini@unimc.it

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